Il paradiso perduto
Nella filosofia yoga, tutta la pratica, la
meditazione in particolare, ha come obiettivo lo scioglimento dell’ego, che è
la fonte principale della sofferenza. L’uomo anela ha ricongiungersi con il Sé
Universale, a ritrovare quello stato di grazia che molto ricorda il paradiso
terrestre delle religioni monoteiste.
Harold S. Kushner, il rabbino autore del libro
“Nessuno ci chiede di essere perfetti, nemmeno Dio”, ci offre una versione
interessante del passo biblico relativo alla cacciata dall’Eden. Lo riporto qui
di seguito.
Davvero
Dio ci ha messi in un bel guaio. Se l'autore biblico avesse voluto insegnarci
che Dio ci ritiene eterni minorenni da sorvegliare a vista, forse avrebbe
scritto il capitolo in un modo decisamente diverso: "Allora la donna vide
che l'albero era buono da mangiare e seducente per gli occhi, e il serpente le
disse: "Mangiane, poiché quando ne avrai mangiato, diventerai come
Dio". Ma la donna rispose: "No, il Signore ci ha ordinato di non
mangiarne, e non disobbedirò". E Dio chiamò l'uomo e la donna e disse
loro: "Poiché avete ascoltato la mia parola e non avete disobbedito al mio
comando, grande sarà la vostra ricompensa". Disse all'uomo: "Non
dovrai lavorare. Trascorrerai i giorni in ozio e il cibo crescerà intorno a te".
Alla donna disse: "Senza doglie partorirai i figli e li alleverai senza
dolore. Da te non avranno bisogno di nulla. I figli non piangeranno la morte
dei genitori, né i genitori quella dei figli". A entrambi disse: "Per
il resto della vostra vita, avrete lo stomaco sazio e il sorriso pago. Non
conoscerete né il pianto né il riso. Né desiderio, né appagamento del
desiderio". E l'uomo e la donna invecchiarono insieme nel giardino,
cibandosi ogni giorno dei frutti dell'Albero della Vita, ed ebbero molti figli.
Intorno all'Albero della Conoscenza del Bene e del Male l'erba crebbe alta fino
a nasconderlo alla vista, poiché nessuno se ne prendeva cura".[1]
Il progetto di Dio, dunque, secondo la tradizione
giudaico-cristiana, ci vede come creature responsabili, adulte.
Già, adulte. Non conosco parola più impegnativa
di questa. Essere cacciati dall’Eden è il prezzo da pagare per godere della
libertà e del privilegio dell’autodeterminazione. Noi siamo responsabili di ciò
che ci accade e abbiamo la possibilità di scegliere. Il nostro ego è dunque
necessario alla nostra sopravvivenza.
E allora, perché mai lo dovremmo annullare? In
effetti, la vita è un intrigante gioco di sottili equilibri e l’ego dovrebbe
rimanere sveglio, quel tanto che basta per garantire la sopravvivenza del
nostro corpo fisico e mentale. Quando eccede, però, sono guai seri.
Con la meditazione yoga, si cerca di domare
quella scimmia impazzita che è la nostra mente, sempre pronta a saltellare da
un ramo all’altro, da un pensiero a un altro pensiero.
Qualcuno riesce a realizzare il vuoto della
mente, che, se raggiunto, permette di sentirsi in perfetta fusione con il Sé
Universale, con un ego, se non proprio sciolto, almeno ridotto ai minimi
termini.
Dopo un’esperienza di questo livello, come è
possibile rimanere intaccati dalle emozioni negative? In effetti, la
meditazione è spesso consigliata alle persone che hanno problemi a gestire la
propria emotività, proprio per questa ragione.
Sulla base delle esperienze che ho accumulato nel
corso degli anni, mi sento di sollevare una sola piccola perplessità.
Ho tenuto corsi di comunicazione all’università,
nelle aziende, e, da un po’, tengo queste lezioni anche a futuri insegnanti di
yoga e di meditazione.
L’ultima lezione che regalo loro riguarda la
coerenza.
Fate ciò che dico, non imitate ciò che faccio
“Io ho studiato meditazione con il Maestro XY.
Lui sì che è uno bravo. Solo così si riesce a sciogliere l’ego e, modestamente,
come lo sciolgo io, l’ego, credo siano in pochi a farlo”.
La mia lezione, solitamente, comincia con una
provocazione come quella che ho appena riportato. Il bello è che gli studenti,
prima di scoppiare a ridere, impiegano qualche secondo. La questione è seria:
significa che qualcuno, questa frase assurda, l’ha pronunciata per davvero.
Per non parlare di quel maestro di meditazione
che sentii, un giorno, dire, con fare sprezzante, a un collega: “Tu non hai
capito nulla della nostra filosofia.”, sottintendendo “solo io ne sono il
legittimo detentore”.
Purtroppo non sono facili battute. Piuttosto, sono la prova del fatto che
non basta seguire una pratica per raggiungere l’obiettivo, occorre anche
crederci, quindi essere coerenti con sé stessi.
La stessa cosa si può estendere a qualunque area,
dallo Yoga della Risata (“certo che come rido io, non ride nessuno” …) allo
Yoga (“Visto che asana riesco a fare? Mica come voi…”).
Ma i fedeli cristiani non sono da meno (“Come si
permette di entrare in chiesa quella peccatrice? Lei non è una donna pia e
osservante come lo siamo noi…).
Potremmo continuare così per ore. L’ego è una
vera e propria trappola e nessuno ne è immune. L’ego giudica, si difende, si
sente attaccato, non si sente compreso, lotta e, alla fine, fa danni agli
altri, riuscendo anche a renderci infelici. Un vero e proprio sabotatore.
L’esperienza di Bollate mi era stata di grande
aiuto. “Chi sono io per giudicare?”, disse lo stesso Papa, quando alcuni
giornalisti lo incalzarono su un tema da loro stessi ritenuto scottante.
Gesù, ai lapidatori dell’adultera, rivolge la
celebre frase “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
L’ego giudica ed è il giudizio a fare danni. Ecco
perché, alla parola “giudizio”, preferisco la parola “discernimento”, la
capacità di distinguere il bene dal male. Era l’albero del bene e del male la
pianta, nell’Eden, con il frutto proibito. Discernere è indispensabile alla
sopravvivenza, giudicare può fare male. Un po’ di ego ci aiuta a vivere,
l’eccesso di ego è invece deleterio.
Come si tiene a bada un ego troppo esuberante?
Qualcuno predica l’umiltà, ma anche questo è un concetto astratto. A me
piacciono gli esempi concreti. Per quanto mi riguarda, ho deciso di usare
l’autoironia. Cerco di prendermi in giro da sola, quel tanto che basta per
tenere a bada i sussulti dell’ego. In più mi faccio anche una risata. L’ho
consigliato ai miei studenti. Vantarsi di riuscire a domare il proprio ego è
aver perso in partenza la propria battaglia. Quando ci peschiamo in fallo,
meglio ammetterlo e riderci su. In fondo, ha ragione Kushner: non dobbiamo mica
essere perfetti.