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mercoledì 9 dicembre 2015

Una favola

Spesso racconto favole,  quando tengo i miei corsi. Questa, che sto per riportare, l'ho imparata da un mio maestro e amico, che l'ha anche citata in un suo libro.

A volte la regalo come break semi-serio, nella maggior parte dei casi è calata in un contesto. Mi piace raccontarla a modo mio, però, soprattutto nel finale. Riguarda la fortuna e la sfortuna, o meglio l'idea che ne abbiamo e la nostra maniera di giudicare le cose. Il tema del giudizio (meglio ancora, del non giudizio) è diventato centrale al mio percorso personale e professionale.

Ecco la favola.

In un tempo molto lontano, in un regno molto lontano, viveva un modesto agricoltore con il suo unico figlio. L'uomo possedeva un solo cavallo, che era tutta la sua ricchezza. Ma un giorno il cavallo scappò.

Allora, i vicini cominciarono a dire: "Che sfortuna! Ora, pover'uomo, come farà a campare?".

Il contadino, tranquillo, rispondeva: "Fortuna, sfortuna...dipende".

Il cavallo, però, l'indomani, fece ritorno portando con sé uno splendido branco di cavalli selvaggi.

Allora, i vicini: " Che fortuna! Ora la ricchezza si è moltiplicata. Chi l'avrebbe mai detto?".

Ma il contadino, imperterrito, ripeteva: "Fortuna, sfortuna...dipende".

Nel domare un cavallo particolarmente vivace, però, il figlio dell'agricoltore cadde e si fece molto male a una gamba.

I vicini presero subito a dire: "Che sfortuna! Ora il ragazzo non potrà più aiutare quel povero vecchio. Come farà a mandare avanti tutto quanto da solo?".

Il contadino, di rimando: "Fortuna, sfortuna...dipende".

Ma presto arrivarono i messaggeri del re. Arruolavano tutti i giovani del villaggio: tutti, tranne il figlio del contadino, che non era abile alla guerra, per via dell'incidente.

I vicini, allora, gli gridarono: "Che fortuna!!!! I nostri figli devono partire per combattere. Forse moriranno in battaglia o dovranno patire la prigionia. Ma tuo figlio, lui, sarà sano e salvo in casa sua e tu non dovrai stare in pena per lui".

A questo punto, immaginate cosa rispose il contadino.

Sì, tutti sanno che la risposta sarà sempre quella. E allora io chiedo al mio paziente pubblico: "Quale è, secondo voi, la morale della favola?".

La risposta è più o meno questa: "Spesso giudichiamo affrettatamente ciò che ci capita credendoci fortunati e sfortunati, quando, al contrario, bianco e nero, luce e buio, in realtà, si mescolano sempre: perciò, fortuna o sfortuna...dipende".

"Vero", rispondo immancabilmente, ma aggiungo anche: "In realtà, io ve l'avevo raccontata per dimostrarvi che i vicini, accipicchia, gli affari propri non se li fanno mai!".

E qui, dopo aver riso, spero sia chiaro che non ce l'ho con i vicini, ci mancherebbe. Il fatto è che siamo tutti  tentati dal comportarci come i "vicini" della favola. Non solo giudichiamo avventatamente ciò che ci capita, ma giudichiamo anche, allo stesso modo,  ciò che capita agli altri, entrando facilmente nella trappola  dell'aspettativa e del giudizio.






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